Il futuro del lusso: innovazione, tradizione e il valore unico del Made in Italy - riflessioni18/11/2024 All’Osservatorio Altagamma 2024 di Milano è emerso un dato chiaro: il settore del lusso sta vivendo una fase di flessione. Il mercato globale dell’alto di gamma ha raggiunto un valore complessivo di 1.478 miliardi di euro, registrando un calo del 2% rispetto all’anno precedente. Questa contrazione si è manifestata in modo evidente soprattutto in Asia, con la Cina in difficoltà, mentre il Giappone ha mostrato una performance più positiva. Parallelamente, cresce il lusso esperienziale, con un incremento del 5%, segno che i consumatori cercano autenticità e unicità nelle loro esperienze di acquisto. Questi dati tracciano un quadro complesso ma ricco di opportunità, spingendo l’intero settore a interrogarsi su come innovare e restituire valore reale ai prodotti. Il futuro del lusso non può limitarsi alla tecnologia o all’inseguimento di trend effimeri. È necessario riscoprire e valorizzare ciò che rende davvero unico un prodotto: l’artigianalità, il know-how e quella capacità tutta italiana di tradurre il nostro straordinario patrimonio culturale in oggetti di design contemporaneo e distintivo. Il patrimonio culturale come leva per il lusso L’Italia non è solo la patria del Made in Italy: è un laboratorio vivo di cultura, arte e bellezza. Il nostro patrimonio artistico e storico, tuttora riconosciuto e ammirato in tutto il mondo, rappresenta una risorsa straordinaria per il settore del lusso. Questa eredità culturale non deve restare confinata ai musei; può e deve essere tradotta in prodotti che parlano al presente, creando un ponte tra passato e futuro. Il lusso italiano non è solo un oggetto, ma un racconto: una narrazione che intreccia maestria artigiana, innovazione tecnologica e un profondo legame con la nostra storia. La forza dell’artigianalità italiana Secondo i dati della CNA (Confederazione Nazionale dell'Artigianato), le imprese artigiane rappresentano oltre il 21% del tessuto imprenditoriale nazionale, coinvolgendo circa 2,6 milioni di lavoratori. Tuttavia, durante l’assemblea annuale della CNA, svoltasi a Roma il 15 novembre, è emerso un paradosso significativo: c’è sempre più bisogno di giovani artigiani, ma è sempre più difficile trovarli nel contesto dell’inverno demografico in cui si trova il nostro Paese. Resta il fatto che il tessuto artigianale italiano sia una vera ricchezza, non solo numerica, ma simbolica: riflette una tradizione che unisce tecnica, passione e creatività. L’artigianato italiano non è solo una professione, ma un’espressione d’arte che affonda le sue radici in secoli di eccellenza. In un mondo sempre più omologato, distinguersi significa puntare su ciò che altri non possono replicare. È l’unicità del nostro Made in Italy, che nasce non solo dall’eccellenza produttiva, ma dalla capacità di raccontare storie autentiche attraverso i prodotti. Innovazione, tradizione e il ruolo dell’intelligenza artificiale Il lusso del futuro dovrebbe scavare paradossalmente nella storia, unendo innovazione e tradizione. Non come binari paralleli, ma come due elementi complementari che si rafforzano a vicenda. In un momento di crisi, recuperare l’autenticità non è solo una strategia, ma un’opportunità per ridefinire il valore reale di ciò che creiamo. Oggi, l’intelligenza artificiale si sta ritagliando un ruolo sempre più rilevante, anche nel mondo del lusso. L’IA è uno strumento potente, capace di analizzare i mercati globali, prevedere le tendenze e persino personalizzare le esperienze di acquisto. Tuttavia, non può replicare ciò che rende unico un prodotto italiano: la connessione emotiva, culturale e artistica che nasce dal nostro patrimonio e dalla nostra maestria artigianale. Il futuro del lusso non si limita a sfruttare nuove tecnologie per esplorare mercati emergenti. Richiede una visione che vada oltre, integrando l’elemento umano, emotivo e narrativo. È qui che possiamo distinguere i nostri prodotti, rendendoli non solo desiderabili, ma portatori di un’identità unica e irripetibile. Manuela Mazzanti #MercatoDelLusso #Altagamma2024 #Insights #ArtigianalitàItaliana #MadeInItaly #ItalianCraftsmanship #DesignItaliano #InnovazioneETradizione ENGLISH version The Future of Luxury: Innovation, Tradition, and the Unique Value of Made in Italy At the 2024 Altagamma Observatory in Milan, a clear trend emerged: the luxury sector is experiencing a slowdown. The global high-end market reached a total value of €1.478 billion, marking a 2% decline compared to the previous year. This contraction was particularly evident in Asia, where China is facing challenges, while Japan has demonstrated a more positive performance. At the same time, experiential luxury is growing, with a 5% increase, signaling that consumers increasingly seek authenticity and uniqueness in their purchasing experiences. This data paints a complex yet opportunity-filled picture, urging the entire industry to reflect on how to innovate and deliver real value to products. I believe the future of luxury cannot rely solely on technology or the pursuit of fleeting trends. Instead, it requires rediscovering and enhancing what truly makes a product unique: craftsmanship, expertise, and the distinctly Italian ability to translate our extraordinary cultural heritage into contemporary, distinctive designs. Cultural Heritage as a Lever for Luxury Italy is not just the birthplace of Made in Italy; it is a living laboratory of culture, art, and beauty. Our artistic and historical heritage, still widely recognized and admired worldwide, is an extraordinary asset for the luxury sector. This legacy must not remain confined to museums but should instead be translated into products that resonate with the present, building a bridge between the past and the future. Italian luxury is not just a product; it is a story: a narrative that weaves together artisanal mastery, technological innovation, and a profound connection to our history. The Strength of Italian Craftsmanship According to CNA (National Confederation of Crafts and SMEs), artisanal businesses represent over 21% of the Italian entrepreneurial fabric, employing around 2.6 million workers. However, during CNA’s annual assembly in Rome on November 15th, a significant paradox was highlighted: there is a growing need for young artisans, but finding them is becoming increasingly difficult. This richness in Italy’s artisanal ecosystem is not just about numbers; it is symbolic. It reflects a tradition that combines skill, passion, and creativity. Italian craftsmanship is not just a profession; it is an art form rooted in centuries of excellence. In an increasingly homogenized world, standing out means focusing on what others cannot replicate. This is the essence of Made in Italy, born not only from production excellence but also from the ability to tell authentic stories through products. Innovation, Tradition, and the Role of Artificial Intelligence The future of luxury should paradoxically delve into history, uniting innovation and tradition. Not as parallel tracks, but as complementary forces that strengthen one another. In a time of crisis, reclaiming authenticity is not just a strategy—it is an opportunity to redefine the real value of what we create. Today, artificial intelligence is carving out an increasingly prominent role in the luxury sector. AI is a powerful tool, capable of analyzing global markets, predicting trends, and even personalizing shopping experiences. Yet, it cannot replicate what makes an Italian product unique: the emotional, cultural, and artistic connection born from our heritage and artisanal mastery. The future of luxury is not about merely leveraging new technologies to explore emerging markets. It requires a vision that transcends, integrating the human, emotional, and narrative elements. This is where we can truly differentiate our products, making them not only desirable but imbued with an unmatched and unrepeatable identity. Manuela Mazzanti #LuxuryMarket #ItalianCraftsmanship #Altagamma2024 #Insights #MadeInItaly #InnovationAndTradition #Italiandesign
0 Comments
"Né arte né design". Alla Triennale di Milano si è svolto il 23 settembre il convegno sulle Arti Applicate in Italia, promosso dalla Fondazione Cologni. Il tavolo di discussione è stato condotto da Ugo la Pietra, architetto, designer, artista italiano, ricercatore instancabile, da sempre fervido sostenitore di un processo creativo "sinestetico" fra le arti, cioè fatto di contaminazioni e "travasi" fra discipline diverse. Il tema affrontato: come recuperare il saper fare artigiano nel design? Prima di tutto slegandosi dall'idea, sbagliata, che ciò che è artigianale sia necessariamente "classico" e persino di scarso "buon gusto", ricordandoci che in tutta Europa e in tutto il mondo, invece, il termine "craft" (talvolta,ma non sempre, autoprodotto) ha in sé il plus-valore della "fatto sapientemente", appunto con perizia artigiana, oltre che creato/progettato con metodo. Ci si chiede quindi: come incentivare anche in Italia questa interazione e integrazione fra design e artigianato, capace di generare manufatti, o meglio "arte-fatti", cioè oggetti "fatti-ad-arte"? Come recuperare nel processo di design e progettazione il valore della manualità artigiana a fronte di un sistema che è sempre più industriale e strutturato per la produzione in serie? Enzo Biffi Gentili, Direttore del Seminario di Arti Applicate/MIAAO di Torino, già nel 2002 aveva lanciato la kermesse torinese, "Artigiano Metropolitano" per rilanciare il settore delle Arti Applicate - in genere considerato minore e confinato in fiere del mobile e dell'artigianato. Una manifestazione di alto livello culturale articolata in sette mostre nel centro della città per raccontare un secolo di creatività artistico industriale a partire dall'Esposizione Internazionale del 1902, la prima al mondo destinata esclusivamente alle arti decorative. L'arte applicata, sottolinea Gentili al convegno, aspira alla riproposizione di una "techne" (dal greco τέχνη) intesa come capacità creativa, elaborazione progettuale ma anche, necessariamente, come perizia esecutiva, come mestiere d’arte. Harold Rosenberg, critico d'arte e storico di metà XX sec, arriva persino ad affermare che "non c'è differenza fra un artigiano eccellente e un designer". A livello europeo è sempre maggiore l'attenzione da parte del designer verso l'arte, le nuove materie, le nuove tecniche, verso i sistemi di autoproduzione. Una tendenza che vede rinnovare la vecchia struttura dell'artista/artigiano, maestro del saper fare, delineando una figura nuova, capace di introdurre ora nel proprio lavoro tutte le componenti di una impresa moderna: un progetto di qualità, la tecnica e i procedimenti innovativi, la comunicazione e commercializzazione. Al tempo stesso dunque artista, designer e artigiano. In Italia questo processo di rinnovamento è meno marcato che nel Nord Europa ad esempio. Ancora, forse, manca nel nostro paese una politica culturale diffusa, e non esiste un sistema commerciale strutturato che possa supportare questo nuovo modello di piccola/piccolissima impresa. Di fatto, comunque, siamo tenuti a confrontarci con il "craft" europeo. Non bisogna dimenticare che l'Italia è storicamente la culla del saper fare artigiano e vanta ancora oggi la presenza sul territorio di eccellenze che ci vengono riconosciute all'estero come ineguagliabili. In questa riflessione siamo invitati a focalizzare l’attenzione sulle nostre diversità territoriali intese come valori, a livello culturale e materiale, e coltivare quindi un saper fare Territoriale. Il "Made in Italy" non è dunque sufficiente . Suona come una provocazione, ma è così: il Parmigiano è Reggiano, non italiano, la pizza è napoletana, non italiana, il vetro lavorato è di Murano, non Italiano... L'invito è quindi ritrovare l’unicità delle nostre differenze, influenzate dalle stratificazioni culturali e dalle varietà dei nostri territori. Paola Navone, altra protagonista del convegno, sulla scia di questa riflessione di La Pietra, azzarda persino l'idea, geniale, di rinforzare i "cluster" di regione, e affiancare al mercato "slow" nel food e nel settore alimentare anche la territorialità del craft (e perché non chiamarlo "Slow craft"?). L'invito di Francois Burkardt, storico del design e curatore, direttore della rivista Domus dal 1996 al 2000, è poi portare questa nuova arte/artigianalità/design nell'abitare collettivo - riportandoci al concetto di "abitare felice" nella cultura del movimento Bauhaus - e contribuire così alla bellezza delle nostre città, con una caratterizzazione urbanistica che possa avere valore "artistico", oltre che puramente funzionale. Nel dibattito si parla poi di trasformazione digitale e "fare artigiano". Se da una parte la prima ha portato a una perdita di "relazione tattile", essenza intrinseca del fatto a mano, dall'altra le tecnologie digitali aprono importanti nuove opportunità anche per il settore della manifattura. L'artigiano di oggi deve essere capace di raccogliere questa nuova sfida, affiancando alla motivazione personale, alla passione per il mestiere d'Arte - quindi al proprio "capitale semantico" - altri strumenti, dai quali oggi non si può prescindere. Parliamo di strumenti di marketing (promozione sui piattaforme social), commerciali (piattaforme e-commerce), e nuovi mezzi tecnici (stampanti 3D), che devono essere utilizzati dall'artigiano di oggi per recuperare il valore intrinseco dell'oggetto, del pezzo unico e fatto su misura. Per capire il potenziale effettivo pensiamo allo Storytelling, strategia vincente di comunicazione persuasiva nel digital marketing. Raccontare la storia di un Marchio, di una Azienda, di un Prodotto è uno degli strumenti più efficaci per creare mercato. Se la storia, la sua storia, ce la racconta un artigiano, un artigiano italiano, uno che ha veri contenuti ricchi di tradizione e passione, allora ci sono ottime probabilità che sia un buon racconto e che possa realmente aiutare l'impresa e valorizzare il suo Saper Fare. Nel caso dell'artigiano, poi, non si tratta solo di strategia per vendere il prodotto ma anche mezzo per diffondere cultura. Nel dibattito della giornata, di fronte all'interrogativo su come favorire dunque nel nostro sistema di impresa l'incontro fra design e artigianato, emerge chiara l'importanza di fare un passo avanti nella didattica. E' necessario investire sulla formazione, creare laboratori didattici capaci di far crescere le discipline internamente alle grande accademie del design in Italia. e pensare a queste accademie come luoghi politecnici di ricostruzione delle filiere del valore. Proprio la Bauhaus era nata come fusione tra una scuola tecnica e un'accademia di arte in cui allievi e insegnanti/artigiani erano uniti dallo stesso intento di "erigere la casa del futuro", vivendo in stretta collaborazione nella scuola in un clima di entusiasmo e familiarità. Nella storia di Gropius il momento teorico, il momento pratico della creazione e il momento pedagogico sono impossibili da separare. Un'altra strada da intraprendere nel sistema formazione/lavoro sarebbe incentivare percorsi di apprendistato degli studenti presso i laboratori artigiani. Un primo passo per incentivare la cultura del fare, e fare bene, oltre che quella del progettare. Magari, chissà... con la speranza che il sistema didattico in "bottega" (ricordando che è nelle antiche botteghe rinascimentali che ha origine il saper fare italiano) e un "design territoriale" (nel nostro passato artistico e culturale erano proprio le singole identità territoriali a fare "Scuola" - vedi l'antica scuola Fiorentina, la scuola Veneziana, la scuola Romana,etc..) possano portare l'impresa italiana verso una nuova Rinascita. Forse possiamo cominciare a immaginare anche all'interno della media/grande impresa italiana la valorizzazione del "progetto umano", e pensare a questo come senso nuovo, autentico, per fare impresa con successo. E' quello che dopotutto accadde nel Rinascimento quando lo stesso Umanesimo diventò strumento di realizzazione di un progetto unificante della polis, delle arti e dei mestieri. I segnali di questa nuova direzione cominciamo a vederli. Fra i tanti, Diadora e la Capsule Moda A/I 2019 in collaborazione con il designer Danilo Paura, che ha come tema principale "craftsmanship as a rule" , progetto "Made in Italy" che combina ricerca, sartorialità al dna sportivo di Diadora; la collezione di Giuseppe Zanotti, (marchio di calzature di lusso scelte da star internazionali come Madonna, Beyoncè, Gwen Stefani, Jennifer Lopez..), appena presentata durante la settimana della moda P/E 2020, frutto di un mix di creatività/design e artigianalità al 100%made in Italy. Ancora, a conferma di questa tendenza è la delibera appena approvata dal Comune di Venezia per tutelare le attività commerciali che valorizzano il patrimonio culturale della città, quindi la concessione di autorizzazioni in centro storico a negozi con artigianato locale di qualità piuttosto che prodotti low cost che di Made in Italy hanno ben poco. Dialogare con questi valori distintivi della qualità' italiana - la creatività, l’innovazione, la bellezza, la ricchezza nella differenza e un forte legame con il territorio - non significa guardare indietro o solo difendere la tradizione; vuol dire ridare forza a un progetto culturale condiviso e proporre un nuovo paradigma economico e sociale sostenibile, che riconosca il valore del "capitale umano", la sua capacità di produrre "rendimento" in termini di "produttività totale" e di conseguenza, di benessere, individuale e collettivo. LEONARDO DA VINCI: GENIO POLEDRICO - Il Rinascimento, culla della multi/inter-disciplinarità5/5/2019 EN version: in the bottom ll 2019 è l'anno di Leonardo da Vinci, il grande genio poliedrico del Rinascimento italiano: artista, pittore, architetto, scienziato. E' nella celebrazione dei 500 anni dalla sua morte che vorrei fare una breve riflessione sul tema della multidisciplinarità - intesa come collaborazione e intersezione fra le arti (contaminazioni e connessioni) - riconducendo le sue origini proprio alla cultura umanistico-rinascimentale, di cui Leonardo fu eccellente rappresentante: il suo vasto campo di interessi, il suo approccio globale alla realtà, la sua capacità di far dialogare le discipline, le esperienze del mondo, della natura e degli uomini, la sua curiosità insaziabile, ne fanno il modello più elevato di genio rinascimentale di cui incorpora pienamente lo spirito. Non solo Leonardo, ma tutti i più grandi Umanisti del suo tempo vedevano naturale considerare arte, scienza, tecnica, letteratura inscindibili, come un tutt'uno. Le botteghe rinascimentali, luoghi di formazione umanistica per eccellenza, erano spazi vivi, di condivisione e collaborazione, di sperimentazione e innovazione. Possiamo definirli gli spazi di "co-working" del XV secolo, privi di web, wi-fi, e smartphones ma autentiche realtà di network. La bottega era una comunità di creativi, di apprendisti, lavoratori, artigiani, tecnici, ingegneri, fortemente connessi fra loro, interdipendenti seppur indipendenti. A Firenze la bottega del Verrocchio (pittore, scultore, musicista, orafo) è una delle più feconde del Rinascimento. Qui Leonardo si avvicina alla carriera di artista come apprendista, e con lui lavorano pittori, scultori, architetti, botanici, anatomisti, matematici , musicisti…Un vero e proprio team multidisciplinare, come lo si definirebbe nell'Impresa - Ideale - di oggi. E' proprio la cultura Umanistica, e con essa il Rinascimento, che rivoluzionano il processo formativo dei decenni precedenti caratterizzato da una conoscenza e da un'arte pratica specializzata. Ad essa si antepone, nel XV secolo, la coscienza della pluralità dei saperi e competenze, necessarie all'uomo per capire e interpretare la realtà complessa che lo circonda. Oggi, con l'espressione "Lifewide Learning" definiamo una forma strategica di apprendimento che supera i luoghi abituali della didattica trovando la sua realizzazione in qualunque contesto ambientale e sociale, con un approccio relazionale e collaborativo. Il concetto educativo è così inteso come crescita globale e integrale della persona. L'apprendimento si identifica in un processo continuo, in divenire fondato sulla esperienza, o meglio, che attraversa le molteplici esperienze nella vita dell'individuo (Lifelong Learning). Si potrebbe riconoscere in questa definizione una rilettura in chiave moderna di una pedagogia "sociale", "integrata" ed "esperienziale" propria della cultura umanistica del '500; quella dell'artista/progettista rinascimentale è un tipo di formazione che rafforza le competenze strategiche e trasversali, connesse e interdipendenti con le competenze di base e quelle specialistiche, e che riconosce nell'Esperienza - nelle molteplici esperienze - il fondamento della Conoscenza (e dell'innovazione). Se gli intellettuali nel Medioevo erano figure fortemente specializzate in settori specifici - si pensi a Dante nella poesia o Giotto nella pittura, l’intellettuale dell’Umanesimo è piuttosto una figura poliedrica, capace di spaziare in diversi campi del sapere. Come Leonardo da Vinci, si possono ricordare altri grandi artisti rinascimentali “pluridisciplinari” o "pluriqualificati", osservatori e interpreti a 360° del mondo circostante, capaci di creare connessioni fra saperi diversi. Per citarne alcuni, tra i più autorevoli: Leon Battista Alberti (architetto, musicista, letterato, pedagogista), Raffaello e Michelangelo (pittori/scultori e architetti), Brunelleschi (architetto, ingegnere, scultore, matematico). Gli artisti Rinascimentali coltivavano contemporaneamente passioni e attività molteplici in un'ottica organica e armoniosa del sapere.Clicca qui per modificare. E’ dunque nel dialogo fra saperi e discipline diverse che le più grandi menti creative hanno saputo fare innovazione (e non solo nel Rinascimento). C’è quindi ora da chiedersi: alla luce di tale evidenza storica, che valore ha realmente "una" qualifica, tanto richiesta e determinante nelle selezioni di head hunters e HR in cerca di grandi professionisti, peraltro spesso accompagnata dalla richiesta di esperienza 10+years nello stesso ruolo e settore? Quanto piuttosto sarebbe forse più produttivo e innovativo esplorare l'esperienza cross-disciplinare per un vero rinnovamento (o nuovo Rinascimento) anche culturale? E' interessante l'analisi di G. Ricuperati, che nel libro "100 Global Minds" raccoglie i profili dei cento personaggi più influenti nel dialogo tra discipline; considerare le competenze come compartimenti stagni favorisce quelle che l’autore chiama “rendite di posizione” ma forse non si adatta alle necessità del futuro più prossimo. Analizzando il "profilo" professionale del Sig. da Vinci (e del Sig. Buonarroti e del Sig. Sanzio...), si potrebbe affermare che proprio la multidisciplinarietà, in tutte le forme possibili, sia la condizione sine qua non della prospettiva e con essa dell'Innovazione. Ora viene spontanea una riflessione: una candidatura così "variegata" - artista, scienziato, ingegnere, pittore, matematico, scenografo, scienziato - che effetto farebbe oggi su un recruiter? Leonardo, ricco di committenti fiduciosi e ambiziosi nel suo Rinascimento, ai giorni nostri dovrebbe "giustificare" in qualche modo il suo eccesso di curiosità, i suoi interessi poliedrici, la frammentarietà delle sue esperienze professionali? Risulterebbe altrettanto "interessante" e credibile a un committente/Azienda o recruiter del nostro secolo? Vogliamo sperare di SI. Vogliamo continuare a credere nella grande eredità che ci ha lasciato la cultura umanistico-rinascimentale, convinta che questa possa favorire visioni innovative nella società, nelle relazioni e nei valori d'impresa. Mai, come in questo momento storico così complesso tutte le forme di conoscenza sono chiamate a collaborare, in un sistema fluido, spontaneo, trasversale. A conclusione di questa analisi, aggiungerei: Leonardo da Vinci non solo era un genio creativo universale con molteplici interessi , ma era anche un ottimo self-promoter (lasciandoci inoltre un esempio eccezionale di CV). Nel 1482 Leonardo ha 30 anni e cerca un contatto con il Duca di Milano. Scrive così a Ludovico il Moro una «lettera di impiego», utilizzando un linguaggio semplice ma esperto, una vera e propria autocandidatura in dodici punti (lo scritto è ora custodito a Milano presso la Biblioteca Ambrosiana). Nove di questi punti presentano le sue conoscenze in armi e macchine da guerra, dunque non hanno niente a che fare con quello per cui era meglio conosciuto e solo negli ultimi 3 punti elenca in modo sintetico i suoi "skills" come pittore e artista. Era quindi consapevole che in quel periodo storico turbolento le sue conoscenze nell'ingegneria bellica avrebbero suscitato maggior interesse nel suo committente. Aveva dunque intuito, anche qui in modo geniale, che presentarsi come esperto nel settore bellico - pur non trattandosi della sua specializzazione - piuttosto che come artista e pittore, avrebbe dato dato maggior valore alla sua presentazione e candidatura. Insomma, un ottimo esempio di "Personal Branding" e di trasversalità dei saperi che ancora oggi fa scuola. Manuela Mazzanti - il Design delle Connessioni #RinascimentoItaliano #LeonardodaVinci #Multidisciplinarità #Innovazione #MadeinItaly "Lettera di presentazione" del 1482 di Leonardo da Vinci a Ludovico il Moro - Testo Originale - Codice Atlantico, Milano, Biblioteca Ambrosiana 1) Ho modi de ponti leggerissimi et forti, et atti ad portare facilissimamente, et cum quelli seguire, et alcuna volta fuggire li inimici, et altri securi et inoffensibili da foco et battaglia, facili et commodi da levare et ponere. Et modi de arder et disfare quelli de l’inimico. 2) So in la obsidione de una terra toglier via l’acqua de’ fossi, et fare infiniti ponti, gatti et scale et altri instrumenti pertinenti ad dicta expedizione. 3) Item, se per altezza de argine, o per fortezza di loco et di sito, non si potesse in la obsidione de una terra usare l’officio de le bombarde, ho modi di ruinare omni rocca o altra fortezza, se già non fusse fondata in su el saxo. 4) Ho ancora modi de bombarde commodissime et facile ad portare, et cum quelle buttare minuti (saxi a similitudine) di tempesta; et cum el fumo di quella dando grande spavento all’inimico, cum grave suo danno et confusione. 5) Et quando accadesse essere in mare, ho modi de molti instrumenti actissimi da offender et defender, et navili che faranno resistenzia al trarre de omni g[r]ossissima bombarda et polver & fumi. 6) Item, ho modi, per cave et vie secrete et distorte, facte senza alcuno strepito, per venire (ad uno certo) et disegnato[loco], ancora che bisognasse passare sotto fossi o alcuno fiume. 7) Item, farò carri coperti, securi et inoffensibili, e quali intrando intra li inimica cum sue artiglierie, non è sì gran de multitudine di gente d’arme che non rompessino. Et dietro a questi poteranno seg[ui]re fanterie assai, illesi e senza alcuno impedimento. 9) Item, occurrendo di bisogno, farò bombarde, mortari et passavolanti di bellissime et utile forme, fora del comune uso. Dove mancassi la operazione de le bombarde, componerò briccole, mangani, trabucchi et altri instrumenti di mirabile efficacia, et fora del usato; et insomma, secondo la varietà de’ casi, componerò varie et infinite cose da offender et di[fendere]. 10) In tempo di pace credo satisfare benissimo ad paragone de omni altro in architectura, in composizione di edificii et pubblici et privati, et in conducer acqua da uno loco ad uno altro. 11) Item, conducerò in sculptura di marmore, di bronzo et di terra, similiter in pictura, ciò che si possa fare ad paragone de onni altro, et sia chi vole. 12) Ancora si poterà dare opera al cavallo di bronzo, che sarà gloria immortale et eterno onore de la felice memoria del Signor vostro patre et de la inclita casa Sforzesca. Lettura moderna del testo : 1) Sono in grado di creare ponti, robusti ma maneggevoli, sia per attaccare i nemici che per sfuggirgli; e ponti da usare in battaglia, in grado di resistere al fuoco, facili da montare e smontare; e so come bruciare quelli dei nemici. 2) In caso di assedio, so come eliminare l’acqua dei fossati e so creare macchine d’assedio adatte a questo scopo. 3) Se, sempre in caso di assedio, la fortezza fosse inattaccabile dalle normali bombarde, sono in grado di sbriciolare ogni fortificazione, anche la più resistente. 4) Se, sempre in caso di assedio, la fortezza fosse inattaccabile dalle normali bombarde, sono in grado di sbriciolare ogni fortificazione, anche la più resistente. 5) Sono in grado di ideare e creare, in modo poco rumoroso, percorsi sotterranei per raggiungere un determinato luogo, anche passando al di sotto di fossati e fiumi. 6) Costruirò carri coperti, sicuri, inattaccabili e dotati di artiglierie, che riusciranno a rompere le fila nemiche, aprendo la strada alle fanterie, che avanzeranno facilmente e senza ostacoli. 7) Se c’è bisogno costruirò bombarde, mortai e passavolanti [per lanciare sassi e ‘proiettili’] belli e funzionali, rielaborati in modo nuovo. 8) Se non basteranno le bombarde, farò catapulte, mangani, baliste [macchine per lanciare pietre e ‘fuochi’] e altre efficaci macchine da guerra, ancora in modo innovativo; costruirò, in base alla situazione, infiniti mezzi di offesa e difesa. 9) In caso di battaglia sul mare, conosco efficaci strumenti di difesa e di offesa, e so fare navi che sanno resistere a ogni tipo di attacco. 10) In tempo di pace, sono in grado di soddisfare ogni richiesta nel campo dell’architettura, nell’edilizia pubblica e privata e nel progettare opere di canalizzazione delle acque. 11) So realizzare opere scultoree in marmo, bronzo e terracotta, e opere pittoriche di qualsiasi tipo. 12) Potrò eseguire il monumento equestre in bronzo che in eterno celebrerà la memoria di Vostro padre [Francesco] e della nobile casata degli Sforza. EN version 2019: The Year of Leonardo da Vinci - A Reflection on Multidisciplinarity 2019 marks the celebration of Leonardo da Vinci, the brilliant polymath of the Italian Renaissance: artist, painter, architect, scientist. In honor of the 500th anniversary of his passing, I want to reflect briefly on the theme of multidisciplinarity—understood as the intersection and collaboration between the arts (cross-pollination and connections)—and trace its origins back to the Renaissance humanist culture that Leonardo epitomized. His extensive interests, holistic approach to reality, skill in bridging disciplines, and insatiable curiosity make him the quintessential Renaissance genius, embodying its spirit fully. Leonardo, along with other great Humanists of his era, naturally viewed art, science, technique, and literature as inseparable—a holistic unity. Renaissance workshops (in Italian, "botteghe"), the ultimate centers of humanist education, were vibrant spaces for collaboration, experimentation, and innovation. We could describe them as the "co-working spaces" of the 15th century: though lacking web, Wi-Fi, or smartphones, they were authentic hubs of networking. A workshop was a community of creatives, apprentices, artisans, and engineers, deeply connected and interdependent yet maintaining independence. In Florence, the workshop of Verrocchio—a painter, sculptor, musician, and goldsmith—was one of the Renaissance’s most fertile. Leonardo began his career here as an apprentice, working alongside painters, sculptors, architects, botanists, anatomists, mathematicians, and musicians—a true multidisciplinary team, as we might call it in today's business context. Renaissance humanism revolutionized the previous decade’s specialized, practical knowledge, ushering in an awareness of the plurality of skills and competencies needed to understand and interpret the complex surrounding world. Today, we refer to "Lifewide Learning" as a strategic form of learning that transcends traditional educational spaces, unfolding in any environmental or social context through a relational and collaborative approach. The concept of education thus evolves into a holistic personal growth process, lifelong learning through varied experiences in an individual’s life. One could see this as a modern reinterpretation of a "social," "integrated," and "experiential" pedagogy rooted in the humanistic culture of the 16th century. The Renaissance artist/designer received a form of training that reinforced strategic, cross-functional skills interwoven with basic and specialized competencies, recognizing experience—multiple experiences—as the foundation of knowledge (and innovation). While intellectuals in the Middle Ages were highly specialized in specific fields—think of Dante in poetry or Giotto in painting--the humanist intellectual became a polymath, capable of traversing multiple knowledge domains. Alongside Leonardo da Vinci, other prominent "multidisciplinary" Renaissance figures stand out as 360° observers and interpreters of the world, capable of connecting diverse fields of knowledge. Noteworthy among them are Leon Battista Alberti (architect, musician, writer, educator), Raffaello and Michelangelo (painters/sculptors and architects), and Brunelleschi (architect, engineer, sculptor, mathematician). These Renaissance artists cultivated multiple passions and activities simultaneously, pursuing knowledge in an organic and harmonious way. It is precisely in the dialogue between different fields and disciplines that the greatest creative minds innovated—and not only in the Renaissance. Given this historical evidence, it raises the question: how much value does "one" qualification—so crucial to headhunters and HR professionals searching for top talent, often accompanied by demands for 10+ years of experience in a single role and field—truly have? Might it be more productive and innovative to explore cross-disciplinary experience for genuine renewal (or a "new Renaissance") even culturally? G. Ricuperati’s analysis in 100 Global Minds profiles the hundred most influential figures in interdisciplinary dialogue. He suggests that seeing skills as compartmentalized creates what he calls "position rents," which may not adapt well to the needs of the immediate future. Reflecting on the professional "profile" of Mr. da Vinci (and of Mr. Buonarroti and Mr. Sanzio...), one could argue that multidisciplinarity, in all its forms, is the essential condition for perspective and, thus, Innovation. A reflection arises: what effect would such a "varied" application—artist, scientist, engineer, painter, mathematician, stage designer—have on today’s recruiter? Leonardo, surrounded by ambitious patrons in his Renaissance, would today need to "justify" his boundless curiosity, his multifaceted interests, the fragmentation of his professional experiences. Would he be equally "appealing" and credible to a client/company or recruiter of our century? We hope the answer is yes. We aspire to keep believing in the great legacy left to us by the humanist-renaissance culture, trusting that it can foster innovative visions in society, relationships, and corporate values. Now, more than ever in this complex historical moment, all forms of knowledge must collaborate within a fluid, spontaneous, and transversal system. In closing, I would add: Leonardo da Vinci was not only a universal creative genius with multifaceted interests but also an excellent self-promoter, leaving us an extraordinary example of a CV. At age 30 in 1482, Leonardo sought contact with the Duke of Milan, Ludovico Sforza. He wrote an "employment letter" in twelve points (the document is now held at the Biblioteca Ambrosiana in Milan), listing his knowledge in weaponry and war machines in nine points, with only the last three succinctly mentioning his "skills" as a painter and artist. Thus, he understood that in the turbulent era of his time, his engineering knowledge would hold more interest for his client than his skills as an artist and painter. He intuitively realized that presenting himself as an expert in military engineering, rather than solely as an artist, would add value to his proposal. This is an excellent example of "Personal Branding" and knowledge cross-functionality that remains relevant today. "Presentation Letter" of 1482 by Leonardo da Vinci to Ludovico Sforza ("il Moro") – translation Codex Atlanticus, Milan, Biblioteca Ambrosiana
#Renaissance #LeonardodaVinci #Multidisciplinary #Innovation #MadeinItaly References: Arte che non sembra Arte, Lorenza Perelli serie Francoangeli 2017 Botteghe artigiane Rinascimentali e co-working cosa hanno in comunque? - Piero Formica harvard Business Review Educazione permanente nella prospettiva del lifelong e lifewide learning - Prof. Gabriella Aleandri 100 Menti Globali - redazionale Rivista Studio Blog 100 Global Minds - Gianluigi Ricuperati, Roads Pub 2015 Il curriculum di Leonardo da Vinci - Giacomo Dalseno, Ambiente di teoria e pratica della formazione Suggerimenti alla lettura: Rinascimento Oggi- la rivoluzione del marketing Umanistico: creatività e idee per la human Satisfaction - Marzio Bonferroni |
Manuela Mazzanti
Designer e consulente creativa con esperienza maturata in Aziende nel settore Moda, Accessori e Arredo. Archivi
Febbraio 2025
Categorie
Tutti
|